I più scettici potrebbero definirla come pane secco accompagnato con un po’ di pomodoro. Qualcosa di simile a una bruschetta. Ma la frisella, nota anche come fresella, o meglio ancora friseddha, seguendo la caratteristica grammatica salentina, è molto più di questo. Secondo la leggenda, le origini di questo piatto, semplice e genuino, diventato quasi un'abitudine quotidiana in estate ma presente su molte tavole pugliesi praticamente tutto l'anno, si deve al periodo dei crociati, partiti soprattutto dai porti salentini di Otranto e Brindisi, diretti verso la Terra Santa. Si presenta come una ciambella salata, croccante, di colore dorato; viene preparata con grano duro oppure orzo, oppure con una combinazione dei due. La sua preparazione prevede una doppia cottura (bis-cotta), eseguita al forno, a differenza del pane. Dopo la prima cottura, il tarallo viene tagliato a metà, trasversalmente, con un filo, seguendo la tecnica chiamata "a strozzo", e poi le due metà vengono cotte nuovamente per rimuovere l'umidità residua e renderlo pronto per essere gustato. Durante il periodo post-bellico, il tarallo era un privilegio riservato ai più abbienti, consumato solo in occasioni speciali; in seguito, è diventato un piatto della tradizione contadina, servito con pomodoro fresco, rucola e olio extravergine d'oliva. Oggi il tarallo è considerato una vera delizia culinaria, da gustare con i prodotti tipici della Puglia, sia come antipasto, sia in spiaggia durante l'estate, o come piatto principale, poiché è abbondante e sostanzioso, soprattutto se arricchito con altri condimenti oltre agli ingredienti di base.
Il tarallo ha radici storiche che risalgono al 1400, secondo una leggenda tramandata nel tempo. Si narra che una madre, trovandosi senza risorse per nutrire i suoi figli, creò il primo tarallo utilizzando farina, olio di oliva, sale e vino bianco. L'impasto veniva lavorato in due strisce sottili e infornato, assumendo la forma di un anello dopo la lievitazione. Con il tempo, la ricetta è stata perfezionata, includendo la cottura in forno per ottenere un sapore affumicato e la bollitura per renderlo croccante. Altre variazioni comprendevano l'aggiunta di spezie per migliorarne il gusto. Le origini del nome sono incerte, con varie teorie che suggeriscono derivazioni dal latino, dall'italiano, dal francese e persino dal greco antico. Tuttavia, le versioni più accreditate lo attribuiscono al greco "daratos", che significa "pane speciale". Oggi, i taralli non sono più esclusivamente prodotti artigianalmente, ma anche da aziende semi-industriali e catene di distribuzione su larga scala. La ricetta dei taralli è semplice, con soli quattro ingredienti: farina, vino bianco, olio extra vergine d’oliva e sale. Dopo aver mescolato gli ingredienti e ottenuto un impasto elastico, si formano bastoncini di circa 1 cm di diametro e 8 cm di lunghezza, piegati a formare un anellino. I taralli vengono poi sottoposti a due cotture: prima bolliti in acqua e olio, poi infornati per mezz’ora fino a doratura per ottenere la loro tipica croccantezza e fragranza. Possono essere aromatizzati con vari ingredienti come cipolla, peperoncino, olive, semi di finocchio o zucca, pomodori secchi e altro ancora, inclusi sapori orientali come curcuma e curry o paprika. Esistono anche varianti dolci, ricoperte di zucchero o glassate.